UFFICIO DELLE LETTURE

INVITATORIO

 
Ant. Venite,
contempliamo la passione del Signore,
esaltiamo la sua risurrezione. Alleluia.
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1. SECONDA LETTURA
Dagli Inni di Simeone, nuovo teologo
(SC 174, 451)
 
Ti rendo grazie, re giusto e compassionevole,
perché hai sofferto per noi
 
Ti rendo grazie, Signore, ti rendo grazie, Unico! tu che scruti i cuori, re giusto e compassionevole.
Tu che non potevi soffrire,
hai voluto soffrire a causa degli ingiusti,
per dare a me condannato l’impassibilità
nell’imitazione delle tue sofferenze.
Giusto è il tuo giudizio, e il comandamento
che ci hai dato da osservare, l’umiltà.
Come tu hai sofferto, senza avere peccato,
di sopportare prove e tribolazioni,
persecuzioni e anche la morte.
Ti hanno trattato da indemoniato, da pazzo,
nemico di Dio e trasgressore della legge.
Sei stato arrestato come un malfattore,
incatenato, beffeggiato, abbandonato
dai discepoli e dagli amici.
Sei apparso dinanzi al giudice come un condannato,
e hai accettato la sentenza.
Per una parola che dicesti, ti diedero uno schiaffo,
e il tuo silenzio ti valse la condanna.
E, non potendo sopportare un uomo giusto,
ti condannarono gli uomini a morte vergognosa.
Ti colpirono il capo, ti incoronarono di spine,
ti rivestirono di un abito scarlatto
per essere oggetto di scherno,
portasti la croce sulle spalle, e vi fosti innalzato.
Ti ringrazio, Signore,
di farmi soffrire ingiustamente;
e, se anche fosse per colpa mia,
accogli il mio dolore
come espiazione per i miei immensi peccati,
ma non mandarmi prove al di là delle mie forze.
Tu dispensi ogni bene
a chi ricorre a te dal profondo del cuore,
e gli concedi la speranza e i doni
del tuo adorabile Spirito divino.
 
RESPONSORIO 2 Cor 8, 9; Fil 2, 7
R. Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi, * perché voi diventaste ricchi grazie alla sua povertà. Alleluia.
V. Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo,
R. perché voi diventaste ricchi grazie alla sua povertà. Alleluia.
oppure:
 
2. SECONDA LETTURA
Dai «Discorsi sul Cantico dei Cantici» di san Bernardo, abate
(Discorso 61, 3-5; Opeta omnia II, 150-151)
 
Attraverso le ferite del corpo
si manifesta il grande mistero dell’amore
 
Dove trovano sicurezza e riposo i deboli, se non nelle ferite del Salvatore? Io vi abito tanto più sicuro, quanto più egli è potente nel salvarmi. Il mondo freme, il corpo preme, il diavolo mi tende insidie, ma io non cado perché sono fondato su salda roccia. Ho commesso un grave peccato; la coscienza si turberà, ma non ne sarà scossa perché mi ricorderò delle ferite del Signore. Infatti è sta-to trafitto per i nostri delitti (Is 53, 5). Che cosa vi è di tanto mortale che non possa essere disciolto dalla morte di Cristo? Se adunque mi verrà alla memoria un rimedio tanto potente ed efficace, non posso più essere turbato da nessuna malattia per quanto maligna.
E perciò è evidente che ha sbagliato colui che disse: Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono (Gn 4, 13). Il fatto è che non era membro di Cristo, né gli importava nulla dei meriti di Cristo. Così non se li attribuiva come propri e non diceva suo quello che era realmente suo, come doveva fare essendo il membro tutta cosa del capo. Io invece con fiducia mi approprio quanto mi manca dal cuore del Signore, perché è pieno di misericordia, né mancano le vie attraverso le quali emana le grazie.
Hanno trapassato le sue mani e i suoi piedi, e squarciato il petto con la lancia; e attraverso queste ferite io posso succhiare miele dal-la rupe e olio dai ciottoli della roccia (Dt 32, 13), cioè gustare e spe-rimentare quanto è buono il Signore ( cfr. Sal 33, 9).
Egli nutriva pensieri di pace e io non lo sapevo. Infatti chi conobbe il pensiero del Signore? O chi fu il suo consigliere? (Rm 11, 34). Ora il chiodo che è penetrato è diventato per me una chiave che apre, onde io possa gustare la dolcezza del Signore. Cosa vedo attraver-so la ferita? Il chiodo ha una sua voce, la ferita grida che Dio è dav-vero presente in Cristo e riconcilia a se il mondo. La spada ha tra-passato la sua anima e il suo cuore si è fatto vicino (cfr. Sal 114, 18; 54, 22), per cui sa ormai essere compassionevole di fronte alle mie debolezze.
Attraverso le ferite del corpo si manifesta l’arcana carità del suo cuore, si fa palese il grande mistero dell’amore, si mostrano le viscere di misericordia del nostro Dio, per cui ci visiterà un sole che sorge dall’alto (cfr. Lc 1, 78).
E perché le viscere non dovrebbero rivelarsi attraverso le ferite? Infatti in qual altro modo, se non attraverso le tue ferite, sarebbe brillato più chiaramente che tu, o Signore, sei soave e mite e di infinita misericordia? Nessuno infatti dimostra maggior amore che quando dà la sua vita per chi è condannato a morte.
Mio merito perciò è la misericordia di Dio. Non sono certamente povero di meriti finché lui sarà ricco di misericordia. Che, se le mise-ricordie del Signore sono molte, io pure abbonderò nei meriti. Ma che dire, se la coscienza mi rimorde per i molti peccati? Dove è ab-bondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5, 20). E, se la misericordia di Dio è eterna, io pure canterò per l’eter-nità le miseri-cordie del Signore (cfr. Sal 88, 2). E che ne è della mia giustizia? O Signore, mi rammenterò soltanto della tua giustizia (cfr. Sal 10,16). Infatti essa è anche mia, perche tu sei diventato per me giustizia da parte di Dio.
 
RESPONSORIO Cfr. Is 53, 5; 1Pt 2, 24
R. Cristo è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci salva si è abbattuto su di lui; * dalle sue ferite siamo stati guariti. Alleluia.
V. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, morti per il peccato, vivessimo per la giustizia; apparenza;
R. dalle sue ente siamo stati guariti. Alleluia.
 
oppure:
 
3. SECONDA LETTURA
Dal Messaggio del Papa Paolo VI per la prima ostensione televisiva della santa Sindone [23 novembre 1973]
(Rivista Diocesana Torinese 50 [1973], 465-466)
 
Vogliamo vedere Gesù Allora
 
Qualunque sia il giudizio storico e scientifico che valenti studiosi vorranno esprimere circa cotesta sorprendente e misteriosa reliquia, noi non possiamo esimerci dal fare voti che essa valga a condurre i visitatori non solo ad un’assorta osservazione sensibile dei linea-menti esteriori e mortali della meravigliosa figura del Salvatore, ma possa altresì introdurli in una più penetrante visione del suo recondi-to e affascinante mistero.
Noi pensiamo all’ansioso desiderio che la presenza di Gesù nel Vangelo suscitava di vederlo; più che curiosità, attrazione. Così Zaccheo, che, come ricorda l’evangelista Luca, cercava di vedere Gesù (Lc 19, 3); così i Greci arrivati a Gerusalemme proprio al mo-mento della manifestazione messianica così detta delle Palme, i quali si rivolgono all’apostolo Filippo chiedendo: Noi vogliamo vede-re Gesù (Gv 12, 21).
Vedere Gesù! Noi pensiamo alla faccia straziata e sfigurata di Cri-sto paziente, quale ce la descrive il profeta Isaia: Non ha alcuna bel-lezza, né splendore: noi l’abbiamo visto e non aveva alcuna appa-renza… l’ultimo degli uomini, l’uomo dei dolori… e noi l’ abbiamo considerato come un lebbroso… (Is 53); Lui, il più bello fra i figli degli uomini.. (Sal 44, 3).
Sì, noi ripensiamo a quel volto benedetto che, nella notte della tra-sfigurazione sul monte, abbaglia gli occhi esterrefatti dei tre discepoli in una apparizione indimenticabile (M t 17, 2-6; 2Pt 1, 16-18), quasi esoterica, teologica, che Gesù apre davanti a loro, ma che poi, all’ultima cena, quando uno con ingenuo trasporto gli chiede di fargli vedere il Padre invisibile e ineffabile, dichiara: Chi vede me, vede il Padre (Gv 14, 9),
Allora: quale fortuna, quale mistero vedere Gesù (cfr, Mt 13, 16), Lui, proprio Lui! Ma per noi, lontani nel tempo e nello spazio, questa beatitudine è sottratta? Come anche noi potremo fissare lo sguardo in quel viso umano, che in Lui rifulge quale Figlio di Dio e Figlio dell’uomo? Siamo forse anche noi, come i viandanti sul cammino di Emmaus con gli occhi annebbiati, che non riconobbero Gesù risorto nel pellegrino che li accom-pagnava? (Lc 24, 16).
Ovvero dovremo rassegnarci – con la tradizione, attestata, ad e-sempio, da sant’Ireneo e da sant’Agostino – a confessare del tutto ignote a noi le sembianze umane di Gesù? Fortuna grande dunque la nostra, se questa asserita superstite effigie della sacra Sindone ci consente di contemplare qualche autentico lineamento dell’adorabile figura fisica di nostro Signore Gesù Cristo, e se davvero soccorre alla nostra avidità, oggi tanto accesa, di poterlo anche visibilmente conoscere!
Raccolti d’intorno a così prezioso e pio cimelio, crescerà in noi tutti, credenti o profani, il fascino misterioso di Lui e risuonerà nei nostri cuori il monito evangelico della sua voce, la quale ci invita a cercarlo poi là, dove Egli ancora si nasconde e si lascia scoprire, amare e servire in umana figura: Tutte le volte che voi avrete fatto qualche cosa per uno dei minimi miei fratelli, l’avrete fatto a me (Mt 25, 40).
 
RESPONSORIO 2Cor 3, 18; cfr. Fil 3, 3
R. Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come uno specchio la gloria del Signore, * veniamo trasformati, di gloria in gloria, nella sua im-magine. Alleluia.
V. Adoriamo Dio, mossi dal suo Spirito, e ci gloriamo in Cristo Gesù;
R. veniamo trasformati, di gloria in gloria, nella sua immagine. Allelu-ia.
 
ORAZIONE
O Padre,
che hai glorificato tuo Figlio, Gesù Cristo,
nella sua beata passione
e lo hai costituito Signore
nella sua risurrezione dai morti,
a noi che veneriamo la sua immagine,
raffigurata nella santa Sindone,
dona di contemplare il suo volto glorioso.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.