Vedere è una componente importante dell’esperienza umana e nella Bibbia si trova una particolare insistenza su questa esperienza. Senza vedere, l’uomo si sente perduto; dal vedere, egli avverte che ha inizio la salvezza. La parola biblica sentenzia senza tentennamenti che “Dio nessuno l’ha mai visto” (Gv 1, 18), ma nella storia è accaduto un evento: la vita di Gesù di Nazaret, con le sue parole e le sue opere, offre la possibilità di un cammino progressivo di rivelazione del mistero, che non porta ancora l’uomo a vedere Dio “faccia a faccia”, bensì gli propone l’immagine più fedele e convincente dell’amore del Padre.
Nella catena dei segni il culmine è raggiunto dalla passione di Gesù, nella morte in croce coronata dalla risurrezione. Nulla è tanto convincente nell’attestare l’amore del Padre quanto la sofferenza che il Figlio affronta per noi. Vedere questa sofferenza è l’esperienza più desolante e consolante. È un segno commovente che si affida alla fede. Vedere è credere. Sulla scia del segno della passione di Gesù si pone quel piccolo segno che è l’immagine della Sindone. Essa si propone per essere vista, parla di salvezza, di quella salvezza che giunge solo attraverso la morte e risurrezione di Cristo.
A questi temi richiama l’enunciazione del motto della ostensione: “Tutti gli uomini vedranno la tua salvezza” (Lc 3, 6).
Tutti gli uomini sono, nell’intenzione del Padre, i beneficiari della redenzione di Gesù. Tutti ne hanno bisogno. Chi è venuto in contatto con le manifestazioni di questo amore ha il dovere di comunicarlo ad altri. L’ostensione della Sindone vuol dire al più gran numero possibile di uomini, a “tutti”, che Dio è amore misericordioso. Nessuno è escluso, tutti sono invitati a accogliere il messaggio di questo segno.
Vedranno un’immagine e dovranno essere aiutati a interpretarla come un segno. Non si fermeranno all’immagine, ma attraverso ad essa andranno a Gesù, di cui ci danno testimonianza i vangeli. La Sindone non è Cristo, ma soltanto rimando a lui. Come rimando ha la possibilità di diventare eco di vangelo, evangelo essa stessa, per il messaggio che proclama, alla stessa maniera di Gesù: “Convertitevi e credete!” (Mc 1, 15).
La tua salvezza sembra un oggetto ben lontano da quello percepito guardando la Sindone, ma lo sguardo affinato dalla fede intravede una forza di rigenerazione proprio nella sofferenza: la morte di Gesù è stata per la vita del mondo. È salvezza vera, unica salvezza da ogni forma di male. È salvezza secondo lo stile misterioso di Dio, che fa diventare feconda la morte e ha il coraggio di chiedere all’uomo l’accettazione della propria morte.
Perché il messaggio giunga nel modo più efficace occorre attivare la consapevolezza di fede, l’impegno della preghiera, la solidarietà dell’amore. Il pellegrinaggio, dunque, sarà anche una catechesi e avrà il suo sbocco naturale nella preghiera (non solo nella cattedrale, ma anche nelle chiese vicine, con possibilità di confessioni e con orari articolati per la “via crucis”).
Ogni pellegrinaggio, infine, dovrebbe proporsi un’opera in favore di fratelli nella necessità, poiché la solidarietà nella carità è la risposta al muto invito di colui che si è fatto povero perché noi potessimo arricchirci, di colui che nel sepolcro ha perso ogni dignità umana perché tutti noi, nel momento in cui la nostra umanità è sottoposta alla prova, possiamo abbandonarci alle braccia del Dio vero, che non abbandona.

Commento di don Antonio Amore al motto dell’ostensione 1998