I volontari della Sindone, da Torino al Santo Sepolcro

Appena entrati nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, davanti agli occhi un po’ frastornati dei pellegrini, si trova quella che viene chiamata la “pietra dell’unzione”. Una lastra di granito rossastro lunga 3 metri e 75 centimetri e larga circa un metro. È, secondo la tradizione, il luogo in cui venne deposto il corpo di Gesù dopo essere stato calato dal Calvario, che è lì vicino a pochi passi, per prepararlo alla sepoltura. Ed è anche il luogo che, sempre secondo la tradizione, avrebbe ospitato la Sindone che era destinata ad avvolgere il corpo prima di deporlo nel Sepolcro che si trova ad una quindicina di metri di distanza. È questo il luogo simbolico più forte dell’incontro tra Torino, la città che ospita la Sindone, e Gerusalemme dove la vicenda di Gesù Cristo ha trovato il suo apice nella morte e nella Resurrezione.
Intorno alla pietra dell’unzione si sono ritrovati, nella prima settimana di settembre, i pellegrini torinesi di un gruppo un po’ speciale, composto in gran parte di persone che hanno dedicato e dedicano alla Sindone tempo e passione come volontari.
Il gruppo, guidato da don Roberto Gottardo presidente della Commissione diocesana per la Sindone, ha trascorso una settimana in Terra Santa percorrendo le tappe del pellegrinaggio classico che prevede un percorso attraverso i luoghi più significativi. Organizzati, con l’efficienza di sempre, dall’Opera diocesana pellegrinaggi i “pellegrini della Sindone” hanno avuto l’opportunità di percorrere prima di tutto le grandi tappe del cammino di Gesù in Galilea.
Da Nazareth a Cafarnao, dalle rive del lago di Tiberiade al monte Tabor i paesaggi e gli scorci sono quelli che Gesù e i suoi discepoli hanno visto e frequentato. Duemila anni di storia, pur con tutte le trasformazioni avvenute, non hanno tolto a chi guarda con gli occhi di oggi la capacità di cogliere in modo diverso e unico le parole del Vangelo ascoltate tante volte che qui risuonano nuove, e se possibile, ancora più fresche. Ritrovare la casa di Pietro a Cafarnao e sentire accanto a quelle pietre, che risalgono al tempo di Gesù e che fin dal primo secolo sono un luogo di culto cristiano, le parole del Vangelo di Marco che raccontano la giornata di Gesù (Mc 1, 21-34) è un’esperienza unica. Salire con i pulmini (il tempo non basta per farlo a piedi) sull’”alto monte”, da sempre identificato con il Tabor, e ammirare dall’alto la piana de Esdrelon con i luoghi citati nella Bibbia e divenuti famosi per le tante vicende storiche accadute tra quei monti è anche questa un’occasione imperdibile.
Poi la strada lungo la valle del Giordano, fermandosi nel luogo del Battesimo di Gesù e, ancora, sulle sponde del Mar Morto e a Qumran, per arrivare a Gerusalemme la città tre volte santa il cui cuore è racchiuso tra le antiche mura di Solimano. Quattro giorni di visite e di incontri, perché anche questo pellegrinaggio oltre ad accompagnare i pellegrini nella visita alle “pietre” dei santuari e dei luoghi che aiutano a rivivere le vicende narrate nei Vangeli, è stata anche l’occasione per vedere da vicino quelle “pietre vive” che vivono nella Terra di Gesù. E anche se la messa domenicale a Betlemme è stata celebrata in arabo insieme alla comunità locale, il ritrovarsi insieme a condividere se non le parole certamente il senso di fede e di appartenenza ecclesiale comune a tutti i cristiani non è cosa da poco. Abbiamo anche toccato con mano la complessità e le difficoltà che fanno parte del tessuto di questa terra di contrasti e, a volte, di conflitti pur assaporando al tempo stesso lo scorrere normale e quotidiano di una vita che tutti vogliono vivere in pace.
L’ultima tappa del pellegrinaggio, dopo essere saliti sulla spianata delle moschee ed aver sostato al “muro del pianto”, dove pregano con grande fervore mussulmani ed ebrei, è stata nella casa dedicata a “Notre Dame de Jerusalem” dove è stato allestito un piccolo museo sindonico e dove è esposta una riproduzione della Sindone nel formato originale.
Il percorso da Torino a Gerusalemme vissuto nel nome della Sindone ha permesso a tutti di sentire con ancora più forza il privilegio grande che ha la nostra città nell’ospitare la Sindone e di comprendere il richiamo così forte che essa esercita su milioni di persone in tutto il mondo.

Il Bookshop dell’Ostensione aperto fino al 28 giugno

II Bookshop ufficiale dell’Ostensione in piazza Castello, angolo via Palazzo di Città, rimane aperto fino a domenica 28 giugno. Il 24 giugno, giorno di chiusura dell’Ostensione, è aperto dalle 9 alle 20, mentre da giovedì 25 a domenica 28 giugno dalle 10 alle 19, con orario continuato.
Dal domani, festa di San Giovanni Battista, prende il via inoltre una promozione speciale sui libri e i dvd, con uno sconto del 15%.
Su tutta l’oggettistica religiosa viene invece offerto uno sconto del 10% a coloro che hanno prestato servizio a vario titolo per l’Ostensione (Volontari, Forze dell’Ordine, Ufficio Stampa, Servizi Generali, Servizio tecnico).
Viene prorogata fino al 28 giugno anche la mostra «Un’Amicizia all’Opera. La santità piemontese nella Torino dell’Unità», curata dal Centro Culturale Pier Giorgio Frassati ed allestita al primo piano. Realizzata in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la mostra approfondisce la straordinaria vicenda storica di molte personalità cattoliche torinesi e piemontesi.
La Torino ottocentesca vide l’incisiva presenza di un significativo numero di cattolici che, a partire dalla loro esperienza di fede, si immersero nei problemi sociali del tempo, elaborando soluzioni e risposte che risultarono innovative ed efficaci, tanto da aver dato vita ad opere ed istituzioni ancor oggi importanti per il capoluogo subalpino.

Il Cammino delle confraternite, un segno di speranza e di solidarietà

Simboli di sofferenza, ma anche di gloria, 80 giganteschi crocifissi in legno, argento e oro sono stati i protagonisti del XXIII Cammino delle Confraternite delle diocesi d’Italia, che oggi si è tenuto a Torino. Per tutti i 10 mila partecipanti il punto di concentramento è stato in piazza Arbarello, dove la Messa presieduta da monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e custode pontificio del Telo, ha benedetto la sfilata. Intanto – prima e dopo la processione – il passaggio davanti alla Sindone ha costituito il cuore dell’incontro.
Con le loro insegne, le divise turchesi, bianche, nere e rosse, i veli ricamati per le donne e i lunghi cappucci per gli uomini, le confraternite sono giunte da tutta Italia: Piemonte e Umbria, Sicilia e Lombardia, Abruzzo, Lazio, Sardegna, Marche, Toscana e Liguria. Soprattutto dalla Liguria, la terra di origine dei Crocifissi, i segni più vistosi di devozione. «Le nostre croci sono intagliate in legni d’ulivo e castagno – ha spiegato il cristezente, cioè portatore, Marco, in arrivo da Sanpierdarena – Sulle braccia e sommità della croce incastriamo questi rami in foglie di argento e oro e gemme. Che risplendono nella luce e che dicono a noi e a tutti che questi crocifissi sono certo segni di penitenza e dolore, ma anche troni di Gesù, simboli del suo trionfo. Proprio come la Sindone diventano messaggi di conforto e di fiducia. Segni della grandezza di Dio».
«Voi siete i semi della speranza che Dio porta all’uomo – ha affermato mons. Nosiglia nella sua omelia – Campioni di devozione popolare e testimoni del Vangelo e della carità e della misericordia che tutti dobbiamo portare ai nostri fratelli. Manifestazione di quell’amore più grande che è motto di quest’ostensione». Tutte antichissime, le cento confraternite che hanno preso parte al Cammino sin dal Medioevo affiancano la Chiesa nei compiti di sostegno alla collettività. «Instaurano relazioni autentiche, costruiscono ponti di solidarietà, di riconciliazione e di misericordia, a cui l’ormai prossimo giubileo è dedicato».
«Di fronte alle difficoltà di ieri e di oggi, a conforto delle debolezze e fragilità umane, portiamo il nostro aiuto, con coerenza e impegno cristiano – ha precisato nel corso della cerimonia di apertura del Cammino Mons. Mauro Parmeggiani, assistente ecclesiastico della Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Italia – Stiamo lavorando sull’evangelicità e sulla missionarietà, secondo l’invito di Papa Francesco. Cerchiamo di dare così autentica interpretazione a questo amore più grande cui siamo chiamati».
I progetti sono certo assai diversi. Ci sono confraternite che curano gli oratori o collaborano con centri di adozioni a distanza, altre gestiscono mense per i poveri e banchi alimentari, aiutano anziani e malati, portano conforto alle persone sole, collaborano alla manutenzione di chiese antiche e cimiteri, si occupano dell’accompagnamento dei defunti nel corso delle cerimonie funebri. «Nei lunghi secoli della nostra esistenza abbiamo saputo evolverci, adeguare il nostro servizio alle esigenze della società in mutamento – ha osservato Francesco Antonetti, presidente della Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Italia – E quanto è più importante aggreghiamo sempre più giovani, che rappresentano il nostro futuro, la certezza della nostra vita e continuità»