Lettera aperta a don Giuseppe


Caro don Giuseppe,

in questi più di quarant’anni di vera e profonda amicizia e di costante e proficua collaborazione è la prima volta che ti scrivo una lettera. Ci siamo scambiati migliaia di e-mail, ma quasi sempre per confrontarci e discutere su argomenti vari, per organizzare eventi, per coordinare conferenze e attività da svolgere insieme. Soprattutto in due ambiti: la Sindone e la sacra Scrittura. Desidero ringraziarti con tutto il cuore perché in questi lunghi anni ho trovato in te non solo un vero amico, ma anche un grande maestro. Se la Provvidenza non mi avesse fatto il dono di incontrarti, non sarei quello che sono e non sarei stato capace di sviluppare quell’interesse e quell’amore per la Sindone e per la sacra Scrittura che, grazie a te, nutro ormai da diversi decenni.

Il tuo ritorno al Padre ci ha lasciati orfani non solo di un grande biblista, uno dei maggiori esperti di San Giovanni, non solo del maggiore studioso (anzi direi il “fondatore”) della pastorale e della spiritualità sindonica, ma anche di un prete di fede salda e profonda, di un uomo di rara sensibilità e dolcezza, sempre disponibile nei confronti di tutti coloro che per qualsiasi motivo si sono rivolti a te, sempre pronto a risolvere i contrasti e le discussioni, a pacificare gli animi, a risolvere e ad appianare i problemi e le difficoltà e soprattutto ricco di una dote oggi assai rara: l’umiltà. L’ho potuto constatare quotidianamente nei lunghi anni di collaborazione all’interno della Confraternita del SS.Sudario e del Centro Internazionale di Sindonologia: il tuo sostegno, i tuoi consigli, la tua stima sono stati per me fondamentali.

Non potrò mai dimenticare l’ultima tua omelia nella Chiesa del SS.Sudario, ormai inesorabilmente seduto su una sedia a rotelle, ma chiaro e profondo come sempre. Così come non potrò mai dimenticare le tantissime occasioni nelle quali, insieme, abbiamo fatto conoscere in Italia e all’estero la Sindone ed il suo profondo messaggio di fede, in particolare tramite quel modo efficace ed originale di pregare e meditare sulla passione del Signore che è la “Via Crucis con la Sindone”, frutto di una delle tue tante intuizioni.

Ma la lezione più bella e preziosa me l’hai data nell’ultimo periodo della tua vita, soprattutto in quest’ultimo anno durante il quale hai saputo vivere con fede, dignità, pazienza ed accettazione la sofferenza per la perdita progressiva ed inesorabile delle tue capacità fisiche, compreso ciò che hai fatto maggiormente nella tua vita: leggere, studiare, scrivere, insegnare, celebrare. Ti ho chiesto più volte se soffrivi e mi hai sempre risposto con mitezza, ma anche con tristezza: «Fisicamente, no!», sottintendendo una profonda sofferenza interiore. Ma ciò nonostante, non è mai venuto meno sulle tue labbra quel dolce sorriso che è stato da sempre il segno distintivo del tuo modo di entrare in rapporto con il prossimo. Una cosa su tutte non hai mai smesso di fare, nonostante le limitazioni sempre più vincolanti: pregare e ringraziare ogni giorno, ogni momento quel Signore al quale hai dedicato tutta la tua vita. Meditando sul faticoso cammino della tua croce che hai percorso nell’ultima parte della tua vita, mi è venuta in mente una riflessione di don Tonino Bello, un vescovo santo che la croce l’ha conosciuta, e a fondo: «Anche la sofferenza ha un senso. Anche la tribolazione. Anche la solitudine. Anche l’abbandono. C’è stato un senso profondo anche nella croce di Gesù Cristo! E qual è questo senso profondo? La convivialità. Convivialità è il senso della vita. Significa mettersi in comunione con gli altri».

Grazie, don Giuseppe, anche a nome delle migliaia e migliaia di persone che hai incontrato nella tua lunga vita e la cui fede hai saputo suscitare e confermare tramite il dono della parola di Dio e del messaggio dell’Uomo della Sindone, con il tuo esempio di uomo di grande fede e con la tua innata convivialità con tutto il tuo prossimo.

Bruno Barberis

[ In ricordo di Mons. Ghiberti ]