Al termine della stagione sindonica 1998 – 2000
Il 1998 e il 2000 hanno assistito a una duplice ostensione solenne della Sindone nella cattedrale di Torino. Il fatto ha avuto ampi riscontri massmediatici; potrebbe essere interessante individuarne aspetti che abbiano attinenza con la riflessione teologica[1]. La presente nota rivisita qualche momento di quella stagione, con l’intento di identificare alcune componenti che potrebbero essere oggetto, anche in futuro, di tale riflessione.
La programmazione della doppia iniziativa si inseriva sul lavoro che da tempo stava compiendo la Commissione per la conservazione della Sindone e sul processo di riflessione (di natura teologica e genericamente scientifica) che era stato avviato dalla ostensione del 1978 (ancora in clima «postsessantottino») e dalle analisi effettuate nel 1988 con metodo detto del C 14. Le polemiche del 1978 dibattevano soprattutto il tema della legittimità di un rapporto religioso fondato sulla visione (dove si faceva sentire in particolare l’influsso degli evangelici sui gruppi del dissenso) e della autenticità pastorale di un’operazione che veniva interpretata come «operazione di potere»; quelle del 1998 portavano a rincalzo delle obiezioni precedenti i nuovi argomenti della «falsità» della Sindone, definitivamente dimostrata con le recenti analisi, e dell’obbligo conseguente di astenersi da una «operazione d’inganno».
La richiesta dell’ostensione del 1998 si motivava a partire da ricorrenze centenarie (1600 anni dal «Concilio di Torino», 500 anni dall’inizio del servizio liturgico nel «nuovo Duomo», 100 anni dalla prima fotografia della Sindone, a opera di Secondo Pia) e si fondava su un sentito diffuso desiderio di venerare nuovamente la Sindone (la gente diceva «vedere»: un’espressione assai indicativa, e anche esatta, eppure fatta oggetto di non poche discussioni), come si poté constatare in occasione della drammatica notte dell’incendio della Cappella del Guarini e del torrione occidentale del Palazzo Reale, fra l’11 e il 12 aprile 1997.
L’impegno che seguì alla decisione dell’ostensione fu certo pesantemente di natura organizzativa, ma dovette anzitutto preoccuparsi di chiarire con precisione le motivazioni di tutta l’impresa. Fu necessario tornare a interrogarsi sulle vecchie questioni: di dove nasce la devozione sindonica e che cosa la legittima? Quali obiettivi si prefigge in genere la proposta pastorale di tale devozione e in particolare l’invito, rivolto a tutto il mondo, a intervenire all’ostensione?
La discussione che accompagnò l’operazione del 1998 fu moderata, comunque assai meno violenta che nel 1978. Sul piano dei rapporti interconfessionali vi erano stati scambi di opinioni fra la commissione ecumenica diocesana di Torino e la commissione evangelica per l’ecumenismo, con interventi sul settimanale evangelico Riforma e sui settimanali cattolici La Voce del popolo e Il nostro tempo. Che le due parti restassero sulle loro posizioni è comprensibile ed era previsto, ma il dialogo non fu turbato per questo (in casi singoli un po’ di raffreddamento di rapporti era, anche questo, purtroppo, da mettere in conto) e si ebbero non rari casi di visita alla Sindone da parte di evangelici, anche torinesi. Una componente laica e una cattolica non concorde con tutto il programma (per motivi in parte uguali e in parte discordi) espresse il proprio dissenso, senza tuttavia raggiungere toni pesanti o troppo accorati.
Da un altro versante si fece udire una componente cattolica di tendenza opposta, che espresse a sua volta insoddisfazione per il modo con cui si era affrontato il problema dell’autenticità del reperto sindonico: una piccola contestazione «da destra». Fu la vera sorpresa nei confronti del 1978 e la cosa continuò, aggravata, fino a tutto il segmento del 2000. Provvidenziale fu la «giornata del Papa», il 24 maggio 1998, quando egli venne a venerare la Sindone e tenne davanti alla Sindone stessa un discorso-meditazione, contenente orientamenti preziosi per una pastorale e una spiritualità della Sindone.
L’ostensione del 1998 suscitò echi di opinione pubblica molto positivi. Vi contribuirono indubbiamente gli aspetti organizzativi, frutto di una collaborazione cordiale e strettissima fra enti pubblici e struttura diocesana, con un ritorno d’immagine favorevole anche per città, provincia e regione; l’intesa con le forze dell’ordine pubblico dava serenità a tutto il lavoro. Reazioni particolarmente favorevoli suscitò soprattutto il modo con cui fu proposta la Sindone a tutti coloro che venivano a visitarla e che fece trovare a loro agio sia i pellegrini sia quanti, pur non condividendo la stessa fede, si sentivano rispettati e aiutati nella loro ricerca.
L’ostensione del 2000 venne intrapresa per ottemperare a un desiderio del Papa, che di fronte alla domanda del Cardinale Saldarini, se preferisse la data del 1998 o quella del 2000, disse di volerle ambedue. Organizzativamente si ripeté la struttura di accoglienza della precedente ostensione, con la cura di allargare i tempi delle visite. Le novità furono richieste dal desiderio di sintonizzare quanto più possibile la proposta del pellegrinaggio sindonico agli obiettivi dell’anno giubilare. Si volle sfruttare la lunga galleria del «cammino dei pellegrini» per proporre una riflessione sul tema «il cammino di Gesù, il nostro cammino»: fino a Gerusalemme; la sua morte, la nostra morte; sepolti con Cristo, risorti con lui. Altre due aggiunte significative furono quelle della cappelletta delle confessioni e della cappella dell’adorazione in Piazzetta Reale (in un elegante edificio provvisorio, ideato dai professori Gabetti, Isola e Momo – una delle ultime firme di Roberto Gabetti), in risposta a una frequente richiesta, registrata nella precedente ostensione, di potere disporre di luoghi per il sacramento della riconciliazione e per l’adorazione eucaristica.
La discussione a livello pubblico durante l’ultima ostensione non fu quasi avvertita. Nella fase preparatoria ci fu un nuovo chiarimento in seno alle commissioni ecumeniche cattolica e non cattolica (dove si contrapponevano tesi diametralmente opposte sostenute dai credenti ortodossi e dai protestanti) e durante l’ostensione le iniziative protestanti per offrire ai passanti proposte religiose alternative furono contenute con discrezione. Non si può dire che i dissenzienti non continuino a prendere iniziative in campo culturale: eco non piccola ha avuto un articolo di Carlo Papini sul n. 4 di Micromega del 2000[2]. Sia che esso dia fuoco alle polveri sia che passi con meno rumore, avrà comunque l’effetto di confermare una forma acida di scetticismo, purtroppo male informato, tra chi è critico verso la Sindone. Le cose incerte, poco conosciute, problematiche, in campo sindonico sono numerose, ma non fa procedere le conoscenze l’informazione inattendibile di una polemica che si spiega solo con la passionalità di chi la promuove.
L’eredità di questa lunga stagione è senza dubbio ricca e significativa. Per limitarci all’ambito strettamente sindonico, gli insegnamenti si registrano in campo di antropologia culturale e in campo pastorale; ma anche la riflessione più strettamente teologica riporta notevoli stimoli. L’antropologo deve prendere atto che sia il singolo sia le masse non cessano oggi di reagire con sensibilità alla presenza del sacro. Ma nella Sindone è presente un appello particolare: qualcuno parla di suggestione del mistero, con apertura magari al misterico e al magico. La realtà si presenta però diversamente ed è determinata da quel fatto unico che è l’immagine di una sofferenza che non permette che le si passi accanto senza porsi domande che coinvolgono fede e vita. Pastoralmente questo è un fatto unico, perché lavora da sé; ed è la fonte della responsabilità grave per quanti hanno un tesoro così grande tra le mani. Ecclesiologicamente tutto ciò si traduce in appello a una comunità, quella di una chiesa locale, a cui è affidato il compito di gestire questo strumento.
Per il teologo le componenti della problematica della Sindone continuano a essere quelle del culto dell’immagine e, caso mai, della reliquia: quale è il fondamento del culto a un’immagine? E quello della posizione della reliquia nell’impianto di una vita di fede? E ancora, poiché per la Sindone la domanda sull’essere «reliquia» riguarda una conclusione di natura scientifica, quale rapporto passa nel caso specifico tra scienza e fede? La problematica è notoriamente assai datata, ma la sensibilità del nostro tempo le dà una connotazione inedita. La discussione classica ha affrontato gli argomenti negativi e ha fornito risposte alle obiezioni circa la illegittimità di un rapporto religioso che si fondi sul «vedere» (e più ancora sul «toccare»): un’immagine che favorisca il cammino verso colui che vi è rappresentato non ha bisogno di particolari giustificazioni, quando si eviti il pericolo di alterarne l’importanza, promovendo una realtà relativa, puramente funzionale, al rango di assoluto. Ora la Sindone riveste notoriamente tutte le caratteristiche di immagine che rimanda alla persona (divina del Redentore) e al suo mistero (le sofferenze della sua morte in croce). Se chi accosta l’immagine sindonica apre il cuore al suo messaggio, non può non essere rimandato a quel mistero di silenzio, amore e morte. L’eccesso giunge solo quando si sopravvaluta l’oggetto, dimenticando che la sua funzione si esaurisce nella natura di segno. Che il segno però sia fatto oggetto di venerazione e che la sua visione provochi commozione non è né innaturale né alterante.
Al futuro la nostra stagione trasmette la passione di un ulteriore lavoro di chiarimento sul senso di una convivenza della non certezza del fatto che la Sindone abbia avvolto il corpo senza vita di Gesù alla deposizione dalla croce con un caldo rapporto religioso con questo «santo» oggetto. Nella scansione dei gradi di conoscenza – certezza, probabilità, possibilità, incertezza, improbabilità, impossibilità – sulla Sindone si sentono i giudizi più vari. Credo che siano ingiustificati gli estremi; personalmente ritengo che sia giustificato parlare di probabilità. È naturale che si accenda la passione per sapere se l’oggetto che è giunto fino a noi ha avuto parte (materiale) con il momento più doloroso e oscuro della vicenda terrena di Gesù; non mi sembra vero che i pellegrini condizionino a una certezza in questo senso il loro interesse per l’oggetto stesso. Prima della materialità è importante la significatività. E questa è forse ancora maggiore, quando si accetti l’umiltà di una condizione di non conoscenza, che fa parte dell’eloquente mistero del testimone dell’estremo abbassamento di Cristo Signore. Ma su questo apparente controsenso è ancora chiamata a lavorare la riflessione del teologo.
Non meno impegnativa è l’altra eredità che la stagione che si chiude ora lascia alla riflessione di chiesa, in particolare a quella del teologo e del pastoralista: l’impegno a individuare il proprium di una «spiritualità della Sindone» e le linee più idonee per lo sfruttamento pastorale della sua presenza e del suo messaggio. La Sindone è testimone del mistero del sabato santo, silenzioso ed eloquente, provocante e rappacificante come quel giorno benedetto. Parlare di spiritualità del sabato santo è del tutto coerente ai fatti e ha un significato importante per il tempo dell’attesa che stiamo faticosamente vivendo. Ne hanno parlato in diverso modo teologi e pastori d’anime, da H. U. von Balthasar a C. M. Martini, ma resta molto da dire (e da fare): la contemplazione di quell’immagine che la bontà di Dio ha dato alla Chiesa e l’attento colloquio con essa può essere di aiuto determinante per far diventare l’episodio evento duraturo.
Giuseppe Ghiberti
Indicazioni bibliografiche (Monografie)
Concludo questa nota con un elenco bibliografico, che seleziona esclusivamente monografie. Gli articoli in rari casi sono più impegnati che le monografie (specialmente nelle opere in collaborazione, per lo più riportate nel presente elenco), ma spessissimo sono di natura solo divulgativa. Articoli e monografie si moltiplicano in misura assolutamente sproporzionata sia alle ricerche sia anche solo alla riflessione scientifica che le dovrebbe sostenere. È difficilissimo seguire il flusso totale delle comparse e spesso è fatica non ripagata. Penso che lo specimen che cerco di produrre sia sufficientemente indicativo per dare un’idea sul modo con cui oggi si riflette sulla Sindone, si prega col suo aiuto, si ricerca nel groviglio dei suoi piccoli e grandi misteri, si usa della Sindone come di strumento di evangelizzazione e di programmazione pastorale. Predomina l’interesse per la problematica scientifica, ma abbastanza raramente divulgatori dei risultati sono gli stessi operatori della ricerca e ciò rende spesso approssimativi i dati riportati. Mi scuso per essermi permesso di tralasciare voci che mi sembravano meno significative per gli interessi di questa nota. Ho omesso in gran parte la letteratura sorta in occasione della polemica per le analisi del C 14. Repertori bibliografici si trovano sotto il primo titolo (E. Dervieux, 1929 e 1936²) e L. Fossati (1978). L’ordine dell’elenco è cronologico e, all’interno dello stesso anno, alfabetico.
– E. Dervieux, Bibliografia della SS. Sindone di N.S.G.C. venerata in Torino, Tipografia M. Ghirardi, Chieri 1929
– P. Barbet, La passione di N. S. Gesù Cristo secondo il chirurgo, L.I.C.E.-Berruti, Torino 1951, ²1954.
– La Santa Sindone nelle ricerche moderne. Primo Convegno Internazionale di Studio, L.I.C.E., Torino 1951
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– W. Bulst, Das Grabtuch von Turin Zugang zum historischen Jesus? Der neue Stand der Forschung, Badenia, Karlsruhe 1978
– L. Fossati, Breve saggio critico di bibliografia e di informazione sulla Sacra Si done. Dal primo Congresso Nazionale di Studi (1939) al secondo Congresso Internazionale (1978), Bottega d’Erasmo, Torino 1978
– P. A. Gramaglia, L’uomo della Sindone non è Gesù Cristo. Un’ipotesi storica fondata su documenti finora trascurati, Claudiana, Torino 1978
– P. O’Connell, Nuova luce sulla passione di Gesù dalla Santa Sindone. Un confronto tra le impronte della S. Sindone, i vangeli e le rivelazioni delle Veggenti: S. Brigida di Svezia, Ven. Maria d’Agreda, Anna Caterina Emmerick, Teresa Neumann, Alzani, Pinerolo 1978
– P. Vignon, Le Saint Suaire de Turin devant la Science, l’Archéologie, l’Histoire, l’Iconographie, la Logique, Bottega d’Erasmo, Torino 1978
– I. Wilson, The Turin Shroud the burial cloth of Jesus Christ?, Harmondsworth-New York 1978
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– P. A. Gramaglia, Le ultime “scoperte” sulla Sindone di Torino. Rassegna critica e bilancio dell’operazione («dossier» 14), Claudiana, Torino 1981
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Note
[1] Una serie di riflessioni maturate in occasione della preparazione e dello svolgimento della prima (con qualche aggiunta successiva) è offerta in G. Ghiberti, Sindone. Verso il 2000 (Religione), Piemme, Casale M. (Al) 1999; si può vedere anche la Prefazione alla seconda edizione di G. Ghiberti-U. Casale (edd.), Dossier sulla Sindone, Queriniana, Brescia 2000, 5-8. Nel corso del 2001 dovrebbe apparire una mia rassegna di monografie sulla Sindone per «Rassegna di Teologia» e ancora l’articolo Sindone sull’Enciclopedia scienza-fede (?), diretta da G. Tanzella Nitti, per l’Università della Santa Croce, Roma (Cittadella, Assisi?).
[2] Nella rubrica «Superstizione», L’immagine della Sindone, pp. 71-85. Cfr. anche, su «La Repubblica» del 25 novembre 2000, p. 48, La Sindone, un mistero per modo di dire, di Piergiorgio Odifreddi.