«LE DUE FACCE DELLA SINDONE» 


Un libro recente di J. Arnoud (Dio, la scimmia e il big bang. Alcune sfide lanciate ai cristiani dalla scienza, (Gdt, 282), Queriniana, Brescia 2001, 92-96) entra in polemica contro i difensori dell’autenticità della Sindone, accusati di avere lo stesso difetto del concordismo proprio di chi non sa distinguere il messaggio biblico dal dato scientifico dell’evoluzionismo. La Sindone, sostiene l’autore, non è un problema di scienza, ma di storia: e la storia non dà nessuna prova per la sua autenticità. Sono quindi sbagliate le opinioni di coloro che vorrebbero far diventare la Sindone una prova della risurrezione (egli cita Kenneth Stevenson e Gay Habermas). Il discorso tocca non solo i cosiddetti difensori dell’autenticità della Sindone ma anche tutti coloro che hanno un rapporto di vita con la Sindone stessa.

Come sovente accade, parlando della Sindone, alcune cose sono condivisibili, altre sembrano non pertinenti. È scontato che la storia non fornisce una documentazione continua di ciò che è avvenuto della Sindone prima della sua comparsa a Lirey a metà del secolo quattordicesimo, ma è un fatto comune a non pochi reperti dell’antichità: anche dei bronzi di Riace non sappiamo quale cammino abbiano compiuto per giungere nelle acque calabresi, ma ora sono fra noi e parlano con la loro presenza. Che la Sindone non sia un problema di scienza è vero solo relativamente; però è vero che il rapporto dell’uomo credente nei confronti di quell’oggetto dipende solo assai relativamente dal giudizio pronunciato dalla scienza, perché ciò che lo fa nascere e lo giustifica è il messaggio che invia l’immagine visibile sul lenzuolo sindonico. È certo pure che non si va a cercare la «prova» della risurrezione di Gesù dalla Sindone; ma è altrettanto vero che la testimonianza della Sindone, che parla del riposo sepolcrale del Crocifisso, suscita domande suggestive sul destino «post-mortem» di quell’Uomo la cui rigidità cadaverica non ha dato nessun segno di passaggio alla decomposizione.

Sono i discorsi di sempre sulla realtà sindonica, ricca di mistero. Ora la Sindone è tornata nel nascondimento di una cappella del Duomo di Torino, al termine della lunga stagione ostensiva con cui si è concluso il secolo ventesimo. Quanti l’hanno vissuta, specialmente quanti l’hanno promossa, stanno riflettendo su ciò che essa ha significato e sull’eredità che essa lascia.

È stata una stagione animata, piena di difficoltà e di gioie. Si apriva sull’onda delle discussioni che avevano movimentato la fine degli anni ’80, enfatizzate della notizia dei nuovi programmi pastorali, che qualcuno interpretava come una presa di posizione provocatoria nei confronti dei referti che la scienza sembrava avere dato in maniera definitiva. Fu lotta quotidiana lo sforzo per mantenere equilibrio e serenità, nell’intento di offrire a chiunque volesse accostarsi alla Sindone un clima favorevole alla riflessione, nel rispetto per la fede commossa del credente e per il travaglio dell’uomo in ricerca.

Quella stagione ebbe un epilogo non conosciuto dal grande pubblico, ma ricco di importanza per il mondo della ricerca. Il 29 ottobre 2000 si chiuse l’ostensione e nei giorni immediatamente successivi si eseguì un programma di nuove fotografie di particolare interesse. «Nella primavera del 2000 – narra il Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino – quando si incominciava a pensare al periodo postostensione, alcuni membri della Commissione dell’ostensione e della conservazione mi rivolsero una doppia richiesta: non poteva essere utile, prima di riporre la Sindone nella teca della conservazione, procedere a nuove fotografie e a una scannerizzazione del retro del Telo sindonico? Vagliai la richiesta e la trasmisi alla Santa Sede, nella mia qualità di Custode Pontificio della Sindone stessa, e ne ottenni risposta positiva. La seconda ostensione terminò il 29 ottobre 2000 e i primi giorni di no­vembre furono sfruttati prima dall’équipe guidata da Giancarlo Durante per le nuove, splendide foto in bianco e nero e a colori, e poi dall’équipe del prof. Paolo Soardo per la scannerizzazione ».

Gian Carlo Durante ripeteva l’impresa di Pia e di Enrie, sfruttando però una tecnologia assai più sofisticata e raggiungendo risultati di assoluta attendibilità, sia nel colore sia nel bianco e nero. Del tutto nuovo fu il cammino della scannerizzazione, che permise di documentare quanto si può vedere sul retro del telo sindonico (almeno nella fascia centrale, dai piedi al volto alla nuca e nuovamente ai piedi), impedito altrimenti alla vista a causa delle toppe cucite nel 1534 per fissare la Sindone al telo d’Olanda che funge da fodera e da sostegno.

Ora quelle foto, insieme ai ricordi dell’intensa stagione sindonica, vengono offerte al pubblico in un grande libro (cm. 31 per 26), «Le due facce della Sindone. Pellegrini e scienziati alla ricerca di un volto», edito dalla ODPF di Torino (Corso Matteotti, 11 – Torino). La pubblicazione, resa possibile dal generoso intervento unito del Comitato per l’Ostensione della Sindone 2000 e dell’Associazione delle Fondazioni delle Casse di Risparmio del Piemonte, è stata presentata a un pubblico festoso la sera del 6 dicembre, nella splendida sala d’onore della Cassa di Risparmio di Torino.

La prima parte del volume presenta una descrizione delle vicende degli anni 1995-2000, carichi di eventi in riferimento alla Sindone, da tre angoli di visuale: nella prospettiva prevalentemente pastorale (Ghiberti); negli aspetti dell’organizzazione e della comunicazione (Bonatti); con attenzione alle ricerche scientifiche (Barberis).

La seconda parte è dedicata alle nuove fotografie, scattate da Gian Carlo Durante. Zaccone offre un’inquadratura storica della stagione fotografica, a partire dal fatidico 1898; Balossino illustra il significato dell’introduzione delle conoscenze e metodologie informatiche nello studio della fotografia; Durante narra l’esperienza di cui è stato egli stesso iniziatore e protagonista; Baima Bollone infine offre, in qualità di medico legale, una descrizione dell’immagine evidenziata dalla fotografia.

La terza parte si concentra sulla novità più recente: l’intervento di scannerizzazione messo in atto per verificare la ‘faccia nascosta’ del telo sindonico. Ne parlano gli ideatori ed esecutori dell’intervento (Soardo-Iacomussi-Rossi e Balossino), mentre la dr. Flury-Lemberg evidenzia alcuni rilievi da lei fatti nel corso di questi anni e confermati e perfezionati dalle fotografie e dalle scannerizzazioni.  

I rilievi effettuati hanno rivelato che sul retro del Telo non vi è alcuna traccia di immagine, mentre sono ben visibili i segni del sangue, corrispondenti alle ferite. E’  una conferma, se ce ne fosse bisogno, che l’immagine della Sindone non è un dipinto, e neppure è stata ottenuta tramite qualche «strinatura» o esposizione a calore del Lino.   

I testi principali sono accompagnati da interventi circoscritti, a modo di lettura complementare, di lunghezza variabile, destinati a puntualizzare momenti particolari, sentimenti, esperienze.

Alla comunicazione scritta si affianca quella visiva, offerta dall’apparato fotografico. Novità assoluta è quella del doppio sedicesimo, che contiene le nuove foto pubblicate esattamente nel formato in cui sono state eseguite)e alcune  immagini della scannerizzazione; nel corso del testo abbondano le foto «réportage», che aiutano a rivivere i momenti descritti nel testo stesso.

«Un secondo volume – prometteva ancora il Cardinale – si affiancherà al presente, per offrire al mondo dei ricercatori i dati esatti delle operazioni di rilievi effettuate nel novembre 2000».

Giuseppe Ghiberti

[ In ricordo di Mons. Ghiberti ]