GIUSEPPE

Era vicina la fine del tempo presente e la promessa aveva il suo compimento e la legge, per mezzo di Cristo, conseguiva l’atteso adempimento. Tutti i profeti in Gerusalemme e i giusti che aspettavano la redenzione di Israele, apprendendo dallo Spirito che questa era vicina, desideravano vederne l’avvento non solo con gli occhi dell’anima, ma anche con quelli del corpo, prima di morire. E non solo desideravano, ma anche pregavano e innalzavano suppliche a Dio e, poiché ne erano degni, ottenevano ciò che desideravano. Tale era Simone che, in quanto sacerdote, ha accolto Cristo nelle sue braccia e l’ha riconosciuto Signore di tutta la creazione. Tale era Anna che, trascorrendo onorevolmente la sua lunga vedovanza, serviva notte e giorno Dio nel tempio e, dotata di spirito profetico, ha rivelato a quanti allora erano lì la presenza di Cristo. Tale era Giuseppe d’Arimatea che ha avuto il coraggio di seppellire la vita di tutti ed è proclamato valente consigliere soprattutto per questo motivo, perché ha rifiutato, come turpe e indecorosa, la decisione dei giudei nei confronti del salvatore. “Egli infatti – così sta scritto – non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri” (Lc 23,51). E’ stato il solo a dare, in maniera splendida e onesta, il suo onesto e splendido consiglio.

 
Sofronio di Gerusalemme – Omelia VI, 5
 
Allora anche Nicodemo viene in aiuto a Giuseppe: e danno a Gesù una dignitosa sepoltura. Lo ritenevano infatti ancora un semplice uomo. E portano gli aromi più adatti a conservare a lungo il corpo, perché non si corrompa troppo presto: cosa che indica che essi non avevano del Cristo un concetto molto alto; gli dimostrarono però in questo modo il loro grande affetto. Ma perché non venne nessuno dei dodici, non Giovanni, non Pietro e nemmeno qualche altro tra i più illustri? L’evangelista ne lascia intravedere anche il motivo. Se si avanzasse infatti l’ipotesi che quelli erano assenti per timore dei giudei, resta il fatto che anche questi altri avevano paura: tanto che Giuseppe “se ne stava nascosto per paura dei giudei”. E non si dica che egli fece tutto ciò perché sprezzava il pericolo, dato che anche lui ne aveva paura; Giovanni, invece, che aveva assistito alla sua agonia e lo aveva visto spirare, non fece niente di questo genere. Che dovremo dunque dire? Io ritengo che Giuseppe fosse uno degli uomini più illustri, come risulta chiaro dal fatto che si accollò le spese del funerale e che era conosciuto da Pilato: proprio per questo ottenne tale grazia. E poi seppellisce il corpo di Gesù non come quello di un condannato, ma nel modo in cui i giudei usavano seppellire un uomo grande e illustre.
Giovanni Crisostomo – Commento al Vangelo di Giovanni LXXXV 19,14
 
Come a Giuseppe d’Arimatea,
il discepolo giusto e santo,
accordami il tuo corpo come dono di grazia,
Tu che distribuisci a tutti la vita.
In un lenzuolo puro Tu sei stato avvolto,
in una tomba nuova Tu sei stato posto;
non permettere mai che io sia simile
a coloro che discendono negli inferi.
Donami di far morire la mia anima al vizio,
rendila viva con lo Spirito,
a causa del mistero della santa mirra
e dell’incenso puro dal profumo soave.
Tu che dai cori angelici
in maniera invisibile sei onorato con timore,
Tu il medesimo, Tu sei stato vegliato dai soldati,
o guardiano vigilante d’Israele. Proteggimi con la legge,
e affidami all’Angelo santo,
affinché di notte mi mantenga sano e salvo
nel combattimento spirituale.
Tu sei stato sigillato con l’anello
della guardia sacerdotale dissoluta;
Tu che sei tesoro di vita immortale,
Tu sei stato sigillato nel cuore della terra.
Le porte del mio spirito e dei miei sensi,
dove si trovano bene e male,
sigillale con il segno della tua Croce,
e stabilisci in me il bene.
Nerses Snorhali – Gesù unico Figlio del Puro, 758-764
 
(Commento al versetto: ” Ero nudo e voi mi avete vestito”, Mt 25,43)
Martino, per esempio, ancora catecumeno, ha tagliato in due il suo mantello e ha rivestito il Cristo. Giuseppe ha deposto il Cristo dalla Croce e l’ha avvolto in un sudario, fornendo così un vestito al suo cadavere, senza parlare dell’imbalsamazione. Fai lo stesso anche tu, per fiorire come il giglio nel suoi quattro petali. “Se tu hai due tuniche, donane a colui che non ne ha”. Io non ordino di dividerne una a metà, come fece Martino, ma se tu hai due tuniche e incontri un povero nudo, vestilo.
Julien De Vezelay – Sermone XVI (127-133)
 
L’Apostolo (1Cor 11,28) ha decretato “Ognuno esamini se stesso e solo dopo mangi il pane e beva dal calice”. Chi mangia e beve senza esserne degno si condanna con questo suo atto. A mio parere l’evangelista, tenendo presente quest’esigenza, allude ad essa in modo inequivocabile là dove narra che subito dopo la passione mistica quel giusto membro del consiglio avvolse il corpo del Signore in un lenzuolo senza macchia e pura e lo depose in un sepolcro nuovo e puro: di conseguenza, sia il precetto dell’Apostolo sia la scrupolosa osservanza di cui parla l’Evangelista, sono diventati per noi una legge, che ci prescrive di accogliere il santo corpo in una coscienza pura, lavando con l’acqua delle lacrime le eventuali macchie prodotte dal peccato.
Gregorio di Nissa – La perfezione cristiana 192, 8
 
Quella candida sindone, che viene posta per il servizio dei doni divini, ricorda il ministero svolto da Giuseppe d’Arimatea. Infatti, come Giuseppe depose nella tomba il corpo del Signore avvolto in un candido lenzuolo, per mezzo del quale tutto il genere umano ha ottenuto la risurrezione; allo stesso modo noi, consacrando il pane, ci troviamo di fronte al corpo di Cristo, dal quale zampilla come da una fonte, quell’immortalità che il Salvatore Gesù, deposto nel sepolcro da Giuseppe, ma risuscitato dai morti, ci ha benignamente donato.
Isidoro di Pelusio – Lettere al Conte Doroteo I, 123
 
Eva rappresenta Maria e Giuseppe un altro Giuseppe. Infatti colui che domandò il cadavere del Signore si chiamava Giuseppe. Per prima cosa Giuseppe fu giusto nel fatto che non rientrò nel numero dei suoi accusatori; così è chiaro che il Signore, che si era affidato al primo Giuseppe al momento della sua nascita, concesse all’altro Giuseppe di sorvegliarlo dopo la sua morte, affinché fosse pienamente onorato il nome di Giuseppe il quale, come al tempo della sua nascita nella grotta, aveva assistito alla sua deposizione nel sepolcro.
Effrem il Siro – Diatesseron II, 20